Sono a Tokyo, mangio una banana e cerco disperatamente un cassonetto per buttare la buccia. Mi guardo intorno ma non riesco a trovarne neanche uno. Pare che qui trovare un cestino dell’immondizia per le strade sia più o meno come trovare la crema solare ecologica nelle farmacie di Roma, una mission impossible. I rifiuti che produci, infatti, te li porti a casa o, nel mio caso, in hotel.

Nonostante l’assenza dei cestini, però, la città è pulita, per strada non si fuma e, per chi non ne può fare a meno, in determinati punti delle strade, sui marciapiedi, vi sono delle aree appositamente adibite.
Rimango allibita da tanta pulizia. In realtà i giapponesi sono maniaci in questo senso, lo si nota ovunque, sui treni, nelle stazioni, nei ristoranti.

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Sovrastati dagli imballaggi
Sono però meno attenti quando si tratta di inutili imballaggi in plastica degli alimenti, ad esempio. Soprattutto a Tokyo, complice una vita frenetica in cui gli orari lavorativi non permettono di avere molto tempo a disposizione, nei supermercati è praticamente tutto pronto e confezionato nella plastica.
Il Giappone è infatti il secondo maggiore produttore mondiale di residui plastici pro capite dopo gli Stati Uniti. C’è da dire però che qui i sistemi di differenziazione dei rifiuti sono realmente efficienti. Ogni giorno, nei centri di riciclaggio della capitale, lavoratori e sistemi automatizzati all’avanguardia si occupano di separare bottiglie, buste di plastica e altri imballaggi riciclabili, pressarli in cubi giganteschi e inviarli ad altre strutture private che poi si occuperanno di processarli.

Tutta questa perfezione è però possibile solo grazie all’attenzione che ogni cittadino ripone nel fare in maniera dettagliata la raccolta differenziata, quasi un vero e proprio rituale. Dovete sapere, infatti, che ogni nucleo familiare possiede un libretto (che tanto “etto” non è) in cui viene spiegato per filo e per segno come differenziare, come vanno impacchettati i rifiuti, quali buste utilizzare, giorni della raccolta e costi in caso di oggetti pesanti (roba da far girare la testa persino agli ambientalisti più ligi).
Come per tutto il resto, anche fare la differenziata è questione di precisione qui in Giappone, e che precisione! Si esige che i cittadini conoscano le norme e le rispettino.
Come si classificano i rifiuti per la raccolta differenziata in Giappone

La mondezza in Giappone, generalmente, si divide in 4 grandi categorie:
- Combustibile (residui di alimenti, piccoli oggetti, carta sporca).
- Non combustibile (bottigliette spray, metalli, vetro rotto, pile usate, piccoli elettrodomestici, oggetti di gomma o pelle). I pezzi di vetro devono essere messi in una cassetta con un foglietto esposto con la dicitura “PERICOLOSO”.
- Riciclabile (bottiglie, lattine, contenitori PET, riviste, giornali, cartone ecc). Le lattine e le bottiglie devono essere risciacquate, le etichette staccate.
- Rifiuti voluminosi (mobili, elettrodomestici e in generale oggetti di più di 30 cm per lato). Il servizio è a pagamento.
Naturalmente ogni distretto ha poi le proprie norme.
Prima di gettare la spazzatura

Se fino ad ora tutto vi sembrava già abbastanza complicato, mettetevi comodi, non finisce qui. Dovete buttare degli abiti? Devono essere piegati e lavati.
Mi raccomando ai sacchetti, non devono disperdere liquidi che possano creare cattivi odori e sporcare il marciapiede.
Anche la scelta delle buste dell’immondizia, diverse per colore a seconda del rifiuto, deve seguire delle norme in quanto devono essere utilizzate quelle semi trasparenti che quando bruciate, generano meno tossine nell’aria.

I camion della spazzatura sono diversi per ogni tipo di rifiuto che viene lavorato al momento della raccolta.
In Giappone la mondezza è vigilata (come se qualcuno si permettesse di fare il vandalo), ogni quartiere ha un luogo specifico in cui depositarla, per esempio vicino al palo della luce, in cui i residenti lasciano il sacco nei giorni preposti.
Dipendenza dalla plastica monouso

Tutto ha un ordine e un perché, nulla è lasciato al caso. Differenza culturale, educazione, insomma un mondo a parte, ancora però troppo immerso nella plastica monouso.
Solo il cambiamento radicale della cultura consumistica, estremamente in voga nei Paesi sviluppati, potrà far sì che il Giappone, e non solo, si liberi finalmente dalla dipendenza della plastica, per creare meno rifiuti e, chissà, anche per facilitare la raccolta differenziata (il libretto non perdona!).
E’ stata una delle prime cose che ci ha colpito del Giappone: milioni di persone che si muovono, a qualunque ora del giorno, in maniera frenetica, zero bidoni dell’immondizia se non nei pressi delle stazioni o nei konbini ma ZERO rifiuti in giro…
La pratica di “portarci a casa i rifiuti”, è una pratica che ormai stiamo adottando in ognuno dei nostri viaggi…
Bravissimi, non avevo dubbi su di voi 🙂
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Giulia