Giulia Lamarca, una battaglia per il #dirittoalvolo

Chi bazzica nel mondo dei social e dei viaggi di certo non è la prima volta che ne sente parlare. Giulia Lamarca, infatti, è ben conosciuta dagli assidui viaggiatori e frequentatori dei social. Giulia è una psicologa, è paraplegica da circa otto anni e ha fatto del viaggio il suo secondo lavoro.

La scorsa settimana sul suo profilo Instagram è apparsa una storia in cui si vedeva una Giulia in aeroporto visibilmente seccata dall’ennesima situazione scomoda in cui si è trovata già troppe volte. Questa storia-sfogo è diventata virale, si è creato un movimento spontaneo in cui tantissimi utenti del social hanno iniziato a condividere e commentare l’accaduto, tutto rigorosamente accompagnato dall’hashtag #dirittoalvolo.

Da quel momento la battaglia di Giulia, che è una battaglia per tutti, arriva nelle redazioni dei grandi quotidiani, e finalmente ha la risonanza che si merita. Anch’io ho avuto il grande piacere di intervistarla sperando, nel mio piccolissimo, di far conoscere Giulia e la sua tenacia. Leggete le sue parole e capirete meglio quale, quando e come è iniziata la sua battaglia, oramai virale.

Trip&Clean: Ti va di raccontare, per chi se lo fosse perso, cos’è successo in questi giorni che ti ha fatto così tanto arrabbiare?

Giulia: In realtà ci tengo a precisare che non è qualcosa che è successo solo in questi giorni oppure in maniera particolare. Abbiamo riscontrato gli stessi problemi che spesso affrontiamo prima di prendere un volo. Più che rabbia, potrei dire che sono delusa, perché rispetto a quando ho iniziato a viaggiare in carrozzina circa 8 anni fa, non ho visto negli anni un miglioramento, anzi ogni tanto anche qualche passo indietro. In maniera particolare questa volta il personale al momento del check-in non conosceva nessuna delle informazioni e delle richieste che avevo inoltrato alla compagnia settimane prima della mia partenza e ho dovuto rispiegare tutto e hanno dovuto richiedere l’autorizzazione da capo, nonostante avessi già provveduto a farlo e mi avessero già confermato l’assistenza, anche durante lo scalo.

T&C: Quali sono secondo te le carenze maggiori delle compagnie aeree e degli aeroporti riguardo la questione viaggi e disabilità?

G: Sicuramente manca molta comunicazione tra il servizio di prenotazione online, la richiesta di assistenza via mail con la compagnia, le procedure al momento del check-in, l’assistenza aeroportuale e a bordo. Ogni volta bisogna spiegare ad ogni operatore tutte le procedure richieste per evitare che si perdano informazioni importanti e quindi di ricevere un servizio inefficiente. I disabili che viaggiano e i nostri ausili sono poco tutelati, nonostante sulla carta ci siano leggi e regolamentazioni molto chiare. A volte il personale è poco preparato e formato rischiando quindi di “muoverci” con poca attenzione anche con la possibilità di farci male.

T&C: Quali sono le procedure che ogni volta devi seguire per prenotare i voli e per proseguire, una volta in aeroporto, all’imbarco?

G: Bisogna informare la compagnia almeno 48 ore prima della partenza richiedendo il tipo di assistenza richiesta, le dimensioni e peso della carrozzina o ausilio che vogliamo trasportare e nel caso di ulteriore strumentazione come batterie al litio o ossigeno medico dobbiamo richiedere l’autorizzazione al trasporto.Al momento del check-in dobbiamo contattare ed incontrare l’assistenza aeroportuale che è incaricata di assisterci all’interno dell’aeroporto e fino al posto a sedere. Alcune volte si occupa direttamente l’equipaggio del percorso nell’aereo. Non sono le procedure il problema, perché capisco che bisogni informare la compagnia per attivare i servizi corretti. Spesso però queste procedure sono più complicate del previsto: difficoltà a reperire i contatti sui siti internet, difficoltà al momento del check-in per rispiegare “la situazione”. Spesso vengono richieste informazioni di carattere medico che, teoricamente, non sono tenuti a chiedere.

T&C: Come, secondo la tua esperienza, dovrebbe essere un aereo accessibile e fruibile al 100% alle persone con disabilità?

G: Prima di tutto deve comprendere l’esperienza dall’inizio alla fine. Quindi dall’acquisto del biglietto online fino all’uscita dell’aeroporto di destinazione. Dunque include più passaggi e coinvolge tanti sistema diversi, ma strettamente collegati tra loro. Vorrei vedere un passaggio di informazioni efficace e la possibilità di utilizzare gli stessi servizi degli altri passeggeri. Per esempio, bagni più ampi, posti disabili assegnati e posizionati vicino ai bagni, e vicini tra disabile e accompagnatore. Vorrei che le persone capissero che le nostre richieste non derivano da “capricci” o pretese, ma da necessità spesso mediche o assistenziali. 

T&C: Come si vede Giulia su un aereo tra 10-15 anni?

G: Più serena e meno frustrata dalla situazione.

T&C: Nelle tue storie parli del lancio di una petizione. A chi pensi di rivolgerti e che cosa chiederai nello specifico?

G: Sinceramente non lo so ancora. Mi piacerebbe rivolgermi direttamente alle persone, perché penso che cambiando la forma mentis delle persone si possa davvero cambiare e creare un mondo migliore.

T&C: Sui social ti sei fatta portavoce di una battaglia, quella per il diritto al volo in maniera dignitosa anche per le persone con disabilità, raggiungendo una marea di persone. Ti saresti mai aspettata una tale risonanza? A chi vorresti giungesse il tuo messaggio?

G: No, assolutamente. Soprattutto perché non è la prima volta che affronto queste tematiche, né la volta in cui mi sono espressa con più fervore. Vorrei che il mio messaggio arrivasse soprattutto alle compagnie aeree e costruttori di aerei per progettare gli aerei del prossimo futuro e per migliorare l’esperienza di volo per persone con disabilità a 360°.

T&C: Ami viaggiare, hai toccato tutti i continenti senza mai farti scoraggiare dai tanti inconvenienti. Quale è stata la città o il Paese che ti è sembrato più organizzato in materia di accessibilità e mobilità per i disabili? Quale il peggiore?

G: Probabilmente i migliori fino ad adesso sono l’Australia e il Giappone. I peggiori forse l’India e l’Indonesia.

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T&C: Ti è mai capitato, dopo un volo, di vederti riconsegnare la sedia a rotelle rotta? Se sì, come ti sei comportata?

G: Sì, purtroppo sì e non lo auguro a nessuno! “Per fortuna” mi è successo al ritorno quindi non ero così sconvolta come se fosse capitato all’inizio del viaggio. Quello che mi ha sconvolto è che mi è stato consigliato da un addetto della compagnia che avrei potuto fare denuncia in un secondo momento e quando ho chiamato da casa il giorno dopo mi hanno detto che una volta uscita dall’aeroporto non era più possibile aprire le pratiche.

T&C: Sui social hai parlato di personale di bordo impreparato. In che cosa secondo te sono carenti?

G: Premetto che non vuole essere un attacco o un’accusa al personale di bordo, ma personalmente non credo che siano realmente formati per assistere un passeggero con disabilità. Ricordo di aver chiesto una volta la carrozzina a bordo e ci hanno impiegato diverso tempo sia per trovarla sia per aprirla e mi hanno confermato anche loro che non avevano mai utilizzato quella sedia prima. Ad oggi ci sono tante aziende che fanno formazioni a livello inclusivo, quindi chi lavora in queste aziende capirà l’importanza di formarsi nella direzione di diversity and disability

T&C: Dici che ami viaggiare anche perché in giro per il mondo la gente non è condizionata dalla Giulia del passato. Cosa aveva quella Giulia che non ti piace mostrare?

G: Nulla! Però tutte le persone che mi hanno conosciuta “prima” dell’incidente mettono sempre a confronto le due Giulie. Vedono e di conseguenza mi guardano anche per quello che ho perso e non c’è più e questo mi fa soffrire.

T&C: Com’è invece la Giulia di oggi?

G: Beh posso dire di essere vivace, solare, positiva, determinata e sognatrice. Rispetto a prima sicuramente ho perso un po’ di spensieratezza e i viaggi mi aiutano proprio a ritrovarla.

T&C: Ho letto che il vostro obiettivo, tuo e di tuo marito Andrea, è visitare tutte le meraviglie del mondo. Quali di quelle già visitate è stata la più impegnativa in termini di accessibilità?

G: Beh, essendo le meraviglie in questione costruite centinaia o migliaia di anni fa sono in generale poco accessibili. Probabilmente però Machu Picchu, anche se avrei già qualche idea per migliorarne l’accessibilità. Chissà se un giorno potrò parlarne con qualcuno…

T&C: Avendo viaggiato parecchio, quanto è carente l’Italia rispetto ad altri Paesi in termini di servizi, accessibilità e mobilità per le persone disabili?

G: Ovviamente dipende rispetto a quali Paesi la si paragona, ma direi tanto. Per le risorse, economiche e culturali, le possibilità che ha l’Italia e le leggi scritte molto bene in termini di accessibilità potrebbe e dovrebbe fare molto di più! Banalmente anche prendere un treno o i mezzi pubblici è molto spesso complicato per persone in carrozzina. Ci tengo a spezzare una lancia a favore dell’Italia: di tutti gli aeroporti visitati nel mondo, penso che Milano Malpensa fornisca la migliore assistenza mai vista. 

T&C: Sul tuo blog leggo: ”Desideriamo che le persone ci seguano per creare un movimento mondiale e portare un cambiamento”. Le rivoluzioni, grandi o piccole che siano, devono partire prima di tutto da ognuno di noi, perché i diritti di uno o pochi sono comunque i diritti di tutti. Potresti spiegarmi nello specifico che tipo di cambiamento sogni? 

G: Io sogno un sacco di cose, a volte piccole e a volte grandi. Prima ho detto che il Giappone è uno dei Paesi più accessibili e l’ho detto anche perché le persone sono molto attente e consapevoli verso il prossimo. Se mi vedono in difficoltà con una porta o un gradino si affrettano per aiutarmi. Vorrei soprattutto che le persone siano più consapevoli della realtà e che tutti insieme andassimo verso una direzione corretta. Purtroppo la disabilità è qualcosa che coinvolge tutti, direttamente o meno, e quindi penso che la nostra società debba agire di conseguenza.

T&C: Cosa sogna Giulia per il suo futuro?

G: Quando mi chiedo perché combattere così assiduamente per tutto questo, spesso mi rispondo che non vorrei mai che un bambino in carrozzina, nel presente o nel futuro, debba combattere e vivere queste sfide. Quindi sogno un mondo dove un bambino disabile non si senta discriminato, anche passivamente, dal mondo che gli sta intorno.

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Per chi volesse conoscere qualcosa di più su Giulia, il suo compagno di vita e i loro bellissimi viaggi, oltre alla pagina Instagram, potete seguirli anche sul blog, che tra l’altro è una figata pazzesca.

Grazie, Giulia, per il tempo dedicatomi.

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